19 avril 2013

Aventure des héros Comenius en Italie

“Non mi svegliate ve ne prego ma lasciate che io dorma questo sonno………..sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale»- canticchiava Anna mentre la mongolfiera cominciava a salire. I suoi amici erano eccitati per l’ebbrezza del volo e con un riso preoccupato guardavano giù le case e le persone che diventavano sempre più piccole. Lei era nervosa ma felice di tornare : desiderava rivedere la sua famiglia e far conoscere la sua isola ai suoi amici. « Conoscete la Sicilia ? » chiese. « No ! Mai stati lì . » risposero i tre. « Alcamo, la mia città, - riprese Anna - è incastonata tra il monte Bonifato ed una fertile campagna, nota per i suoi vigneti, che dolcemente digrada verso il mare Tirreno.» « Sei fortunata ! – replicò Anton - Il mare, la campagna, la montagna : ogni giorno puoi scegliere dove trascorrere il tuo tempo libero! Io devo viaggiare più di tre ore per andare al mare ! » « E' vero,- rispose Anna - però i problemi non mancano neanche qui ! Sai ? Dai miei amici, su Facebook, ho saputo che il monte Bonifato , durante la mia assenza, è stato gravemente danneggiato da un vasto incendio, quasi certamente doloso, che ha distrutto il bosco e ucciso gli animali. Lo stesso è successo nella Riserva Naturale dello Zingaro , lì vicino, vero paradiso della natura, meta di tanti turisti. Non riesco a capire come possano esistere persone tanto insensibili nei confronti della natura. Che cosa intendono ottenere con questo scempio ? » « Questo, insieme ad altri, è uno dei motivi per cui la nostra vecchia signora è sempre più ammalata- disse Arthur- lei soffre per l’avidità di quegli uomini che non esitano a distruggere tutto ciò che intralcia i loro obiettivi. Quegli uomini che conoscono soltanto il proprio tornaconto e non rispettano niente e nessuno.» « E' vero ! » disse Anna « ma noi dobbiamo porre fine a questo degrado e salvare Europa. » Intervenne Arthur :« Sfortunatamente la situazione non migliorerà se non troveremo tutti gli ingredienti dell'elisir e non sappiamo ancora cosa cercare in Sicilia! » Maria che non si scoraggiava mai disse : “ Troveremo certamente degli indizi che ci aiuteranno.” E intanto il tempo passava, la mongolfiera velocemente viaggiava verso sud. Dopo parecchie ore di viaggio Anna scorse in lontananza nel mare un triangolo di terra a lei familiare. “La Sicilia! Finalmente siamo arrivati ! La sua espressione fu salutata dalle grida di gioia degli altri. “ Guarda ! Guarda ! Che meraviglia! Che cos'è?- disse Anton indicando in basso uno straordinario paesaggio macchiato di neve, fuoco, fumo e lapilli che si stagliava nell'azzurro del cielo. Anna sorrise, capì il suo stupore e rispose: “ Quello che vedete laggiù è l'Etna, il più alto vulcano d'Europa. E' sempre attivo e quando non è in eruzione è solo momentaneamente assopito.” Continuarono ad ammirare il paesaggio che mutava man mano che andavano avanti finché, come per incanto, la mongolfiera rallentò e cominciò a scendere lentamente fino a toccare il suolo. Anna riconobbe immediatamente il luogo : la piazza dell’antico castello di Alcamo . Erano le sette di sera ed essendo Novembre il buio era fitto. La piazza era quasi deserta, solo un gruppetto di persone erano intente a guardare uno spettacolo dell'opera dei pupi in cui il paladino Orlando lottava contro i Saraceni. Lo spettacolo fu interrotto dall'arrivo della mongolfiera e i pochi spettatori incuriositi si avvicinarono ai ragazzi. Uno di loro riconobbe Anna : era l'anziano giardiniere del parco della piazza, amico di suo nonno : « Oh ! Anna cara, da dove vieni ? E come mai in mongolfiera ?! Non pensavo che si potesse ancora viaggiare così. Chi sono i tuoi amici ? » « Sarebbe troppo lungo da spiegare ma un giorno capirà. - rispose Anna- Ho saputo cosa è accaduto al nostro bosco, quante ferite ha subito la nostra cara Europa! Non c'è più tempo da perdere, dobbiamo portare a termine la nostra missione il più presto possibile. Ma come?” “Ripercorri assieme ai tuoi amici le tappe della storia della tua terra e troverete ciò che cercate”- rispose il vecchio giardiniere. Si rivolse ai suoi amici perché l'aiutassero a capire cosa intendesse dire l'anziano e quando si rigirò per chiedergli cosa dovessero fare, lui non c'era più e su in alto nel cielo un punto lontano, la mongolfiera . Stupiti e un po' impauriti, si avviarono verso la casa di Anna. Durante il tragitto passarono davanti l’ antico convento S.Francesco di Paola dove alcune suore di clausura, poche ormai in verità, vivevano in preghiera, e lì a poca distanza ammirarono la casa natale di Cielo d’Alcamo, grande poeta giullare del 1200 e autore del famoso contrasto “ Rosa fresca aulentissima”. “Ed eccoci a casa” disse Anna, fermandosi al portone di un antico edificio. Bussò e la madre si precipitò ad aprire , li aspettava con ansia e abbracciò tutti con lo stesso slancio con cui abbracciò Anna . Li invitò ad entrare. Il padre di Anna ,che intanto li attendeva in salotto, diede loro il benvenuto e si mostrò da subito molto affabile nei loro confronti. Chiese del loro viaggio e si accontentò delle brevi risposte che diedero i ragazzi. Dopo aver sistemato i bagagli nelle loro camere, i ragazzi scesero in cucina dove la mamma stava preparando la cena e a stento si tratteneva dal rivolgere loro le mille domande che avrebbe voluto fare poiché comprendeva la loro stanchezza. La cena fu veloce poiché ciò che più desideravano era un letto caldo: il viaggio era stato faticoso e molto c’era ancora da fare. Erano le 3:00 del mattino, Anna si svegliò da un sonno agitato, sapeva che adesso tutto dipendeva da lei. La Sicilia, la conosceva bene. Fin da piccola aveva amato esplorare posti e luoghi sconosciuti. Amava conoscere la cultura, le abitudini, i costumi dei popoli che avevano abitato la sua isola: Elimi, Greci, Arabi, Normanni…..vestigia ormai offuscate dall’ incuria e dai capricci dell’uomo. Ripercorse mentalmente i due precedenti viaggi alla ricerca degli elementi mancanti per l’elisir. Quella notte sembrava che il tempo avesse rallentato il suo corso. Anna se ne stava supina sull letto nel profondo silenzio della notte. Aprì per un istante gli occhi e quando li richiuse andò via, lontano, pensava, sognava, rifletteva in un vago torpore, la mente vagava libera nel tempo e nello spazio. Ritornò in Andalusia, dove aveva per la prima volta incontrato Maria, Arthur e Anton, ripensò al vecchio saggio e comprese la grande preoccupazione nelle sue parole, la speranza e la fiducia riposte in loro: salvare la povera Europa, questa la loro missione. Maria, Arthur, Anton, chi aveva voluto questo incontro? Perché loro, così lontani? Cosa li aveva portati ad assolvere un compito così grande? Era come se un filo invisibile legasse le loro vite e le attirasse lì, dove qualcuno voleva che fossero. Anna tornò lì, rivide le coste dell’oceano, il tunnel, la duna, Bolonia, il camaleonte allo stremo delle forze. Ripensò ad Arthur, al suo sconforto: nessuna speranza di salvare Europa, e poi, ecco qualcosa ti parla, qualcuno ti indica la strada, devi esserci, devi ascoltare, devi vedere, i segni non mancano. Quanti pensieri si rincorrevano, si sovrapponevano, si confondevano. Ripensò alla casa di Arkady Fiedler, ora diventata un museo, ai giardini pieni di querce secolari e quanta fatica per recuperare le ghiande per l’elisir. Era confusa, solo verso le cinque riuscì a riaddormentarsi. Due ore più tardi, Maria fu svegliata dai raggi del sole che invasero la sua stanza.. Era una bellissima giornata, si alzò, non voleva perdere tempo, bisognava agire. Entrò nella stanza di Anna, i capelli scombinati le coprivano il viso, i vestiti del giorno prima erano ancora abbandonati ai piedi del letto, e lei dormiva tranquilla. Le si avvicinò e piano sussurrò: “ Anna, sveglia!” Girandosi verso Maria, Anna aprì gli occhi, si alzò e insieme andarono in cucina guidate dal fragrante odore di dolci appena sfornati. Entrando videro il tavolo già apparecchiato e Arthur e Anton seduti già intenti a mangiare. Le ragazze si unirono a loro e fecero colazione insieme. La mamma di Anna aveva preparato una torta al cioccolato, una crostata alle mele, aveva comprato i cornetti al bar e messo una caraffa di latte a tavola. Ovviamente non poteva mancare la caffettiera ancora piena di caffè bollente. I ragazzi si alzarono da tavola, erano davvero soddisfatti di quella colazione. Tornati in camera, Anna, ancora in pigiama, li informò sul programma della giornata: “ Andremo ad Erice, magari lì troveremo degli indizi.” Si vestirono e uscirono velocemente, le parole di Anna avevano destato una forte curiosità. Erice, questo nome ricordava loro qualcosa….. Un luogo di mistero quando la nebbia lo avvolgeva nelle ore notturne e di scienza visto che lì si trovava il famoso centro “Ettore Maiorana”. Alle 9 in punto salirono in macchina, Anna si sedette davanti, dato che soffriva il mal d’auto, conosceva bene le curve che portavano ad Erice e sapeva che per lei il viaggio non sarebbe stato facile. Arrivati alle porte di Erice, salutarono la madre di Anna e le dissero che l’avrebbero chiamata loro nel pomeriggio per tornare a prenderli. Cominciando a camminare, la prima cosa che saltò agli occhi dei tre ragazzi, furono le gigantesche antenne avvolte in una fitta nebbia in evidente contrasto con le millenarie mura elime. Anna spiegò agli altri che gli abitanti di Erice sapevano che le antenne producevano una grande quantità di elettrosmog, ma dopo alcune inutili battaglie si erano rassegnati a conviverci. Si incamminarono per la città, inoltrandosi tra i tipici vicoli della cittadina che Maria, Arthur e Anton apprezzarono molto. Passeggiando per le stradine ammirarono, attraverso i cancelli, i cortiletti fioriti e, in uno di questi, Arthur raccolse un fiore e lo donò a Maria che arrossì e lo ringraziò con un bacio. Anna fece loro strada e, dopo aver percorso una via così stretta, che Anton stentava a credere di poterci passare, arrivarono in una piazzetta e, da lì imboccarono una strada in salita e dopo pochi metri, su un antico portone di legno videro la scritta “CENTRO DI CULTURA SCIENTIFICA E. MAIORANA”. “ Ettore Maiorana – disse Arthur leggendo la scritta – ma chi era questo Maiorana? Che cosa ha fatto?” “Maiorana – rispose Anna – è stato un grande fisico nucleare siciliano. Ha fatto importanti studi sulle particelle subnucleari.” “La bomba atomica ….” – disse quasi tra sé e sé. “Appunto – riprese Anna – studi importanti, ma anche grandi interessi economici, militari. Maiorana, genio della fisica, scomparve misteriosamente nel 1938”. “Proprio poco prima della Seconda guerra mondiale” esclamò Arthur. “Già – continuò Anna – e nessuno ha mai saputo nulla di lui. Suicidio, sequestro, alcuni addirittura dicono che sia ancora vivo……chissà. Sciascia, il grande scrittore siciliano ha scritto un libro su Maiorana. Chissà magari è qui, ad Erice, nascosto tra la nebbia di questo paesino arroccato sulla montagna.” Bussarono e un signore, molto avanti negli anni, aprì e chiese :“ Ragazzi, cosa cercate ? In cosa posso esservi utile?” Anna rispose: “Cerchiamo un luogo dove presente, passato e futuro si incontrano senza scontrarsi.” Queste le sue parole, ma da dove le erano venute? I suoi amici si guardarono senza riuscire a nascondere lo stupore. L’ anziano signore capi : “ Qui sicuramente troverete ciò che cercate, siate i benvenuti ,visitate il centro e troverete le risposte alle vostre domande”. Li accompagnò in un ampio salone e illustrò loro le attività del centro dove periodicamente scienziati, provenienti da ogni parte del mondo si danno appuntamento per monitorare lo stato di salute ambientale ed etico. Dopo si congedò e li invitò a visitare i locali della biblioteca, del sismografo ,le aule dei convegni, e disse che, alla fine della loro visita, sarebbe stato contento di dare loro altre informazioni. I ragazzi si guardarono attorno, da dove cominciare? Tante porte da aprire, su ogni porta una targa, cominciarono da quella che portava al sismografo, bussarono e un gentile studioso fece osservare, attraverso il tracciato , le attività sismiche in Sicilia, parlò di un’ isola comparsa e scomparsa nel giro di pochi mesi, l’isola Ferdinandea. “ Quanti misteri racchiude la Natura!” osservarono . Dopo continuarono a visitare l’edificio e, mentre si trovavano dentro la biblioteca, Arthur che era appassionato di matematica, notò un libro di Pitagora che l’affascinava molto. Lo prese per consultarlo e clic! la libreria cominciò a girare. Il ragazzo fece un balzo indietro e quando il meccanismo si arrestò, si avvicinò con cautela all’apertura e scoprì una scala che saliva così in alto da non riuscire a vederne la cima. Gli altri si avvicinarono : “ Che facciamo adesso?”- chiese Arthur. “ Penso che dovremmo andare a vedere cosa c’è lassù. Se il destino ci ha portati qui, un motivo ci sarà.” - rispose Maria. Tutti furono d’accordo con lei e si raccomandarono di stare attenti perché non sapevano cosa li aspettasse. Cominciarono a salire guardandosi da tutte le parti e proprio mentre si avvicinavano agli ultimi gradini ecco che davanti a loro si materializzarono quattro lunghi serpenti neri dall’aria minacciosa. I ragazzi arretrarono e quando furono abbastanza lontani dalla loro vista si chiesero cosa fare. Anna disse di aver letto su un libro di mitologia che quattro serpenti neri erano i custodi di antichi tesori di Erice e che potevano essere resi inoffensivi solo da chi dimostrasse di avere un’energia particolare nata dall’amore tra la luna e l’acqua del mare. Mentre diceva così, un raggio di sole colpì la pietra di luna che Anna portava al collo. Lei adorava le pietre preziose e i cristalli per la loro bellezza e perché pensava che racchiudessero la forza della natura. Ricordò di avere comprato quel ciondolo prima di partire come portafortuna contro i pericoli del viaggio . Ma certo, era proprio quella pietra che li avrebbe aiutati contro i serpenti! Detto ciò risalirono velocemente e Anna mostrò il ciondolo scintillante ai serpenti che immediatamente s’inchinarono lasciando passare i ragazzi. Si ritrovarono in una stanza luminosissima al centro della quale stava una teca. Avvicinatisi, videro che al suo interno c’era un erbario. Arthur lo prese : “Apium “, questo era il titolo. Lo aprì e vide che parlava di una pianta che cresceva abbondante in una vicina città: Selinunte, nome che in greco era Selinon , dal nome della pianta sacra alla dea della luna Séléné. Apium era il nome della stessa pianta in latino . Qualcosa gli diceva che si trattava di un elemento su cui basare le loro ricerche. Mostrò ad Anna l’erbario . “ Cosa sai di questa pianta?” le chiese. Anna osservò con attenzione e rispose: “Questa pianta cresce ancora oggi a Selinunte ed era raffigurata sulle monete di quella che un tempo era stata una colonia greca, penso che sia l’ingrediente che cerchiamo.” Presero dal libro le informazioni sulla pianta e si avviarono all’uscita. Ad attenderli quell’anziano signore…, ma come non l’ avevano riconosciuto prima? Era ancora lui il vecchio saggio: “ Bravi ,ragazzi, avete saputo trovare le cose antiche tra le nuove, continuate il vostro cammino, andate al castello di Venere e da lì, proseguite.” Cosi disse e li salutò con un sorriso e un abbraccio pieno di fiducia. Si avviarono per una via in salita, in breve tempo giunsero in uno slargo e li, davanti ai loro occhi : il castello di Venere. Il sole stava calando e i raggi illuminavano, come riflettori, giù, in basso, le saline, tingendo di rosso i cumuli di sale che si vedevano in lontananza. Che splendore! Cautamente si avvicinarono al dirupo sul quale si ergeva il castello, videro un’ ombra aggirarsi presso le mura, ebbero paura ma la curiosità li spinse a seguire quella figura misteriosa che sembrava essersi accorta di loro, la videro aggirarsi tra i cespugli e dopo scomparire tra le mura di cinta del castello. Girarono allora nell’altro versante delle mura, giunsero ad un varco , entrarono ed ecco la stessa sagoma evanescente , questa volta si avvicinò a loro e, come se un alito di vento sfiorasse le loro orecchie, sentirono levarsi una voce:” Aceste io sono, vivo qui da 2600 anni, non riesco a lasciare la città che assieme ad Elimo io fondai. Giù, a valle, quanto frastuono, quanto traffico, quanto commercio li i Fenici a Mozia e a Drepanon , ma qui tutto è tranquillo, c’è pace ,c’è quiete, il tempo si è fermato. Oh, che ferita questi alberi di ferro. Si interruppe, sospirando e dopo riprese: “ Figlio sono di Egesta, bella fanciulla in fuga da Troia e del dio fluviale Crimiso, il loro amore mi generò nelle calde acque sulfuree del fiume, là dove incontra il fiume freddo ,prima di confluire nelle acque del fiume Belice.. Oh , l’acqua …, l’acqua genera ,unisce ,divide, purifica …,pensate… l’Acqua… “ Cosi dicendo scomparve. I ragazzi si guardarono attoniti. “ L’ acqua ! “ dissero contemporaneamente. Capirono che un altro indizio si era aggiunto. Non dissero parola ,mentre tornavano giù . Anna sapeva dove sua madre li aspettava, sicuramente in uno di quei deliziosi bar di Erice che lei prediligeva. Era li ad attenderli ,ma poteva stare li ancora per molto ,il tempo trascorreva in modo piacevole, rilassante. “ Quasi non ricordavo più cosa significa fermarsi a godere delle piccole delizie che la vita ci regala “, cosi dicendo, salutò i ragazzi e li invitò a sedersi per gustare quanto di più buono potesse esserci: i dolci ericini ,quanta cura nella preparazione .Il banco della pasticceria era uno spettacolo di forme e di colori, dolci di mandorle, calde e profumate genovesi, frutta di martorana....... Quel giorno non avevano pensato a mangiare e adesso potevano gustare tutte quelle specialità che si presentavano ai loro occhi. All'uscita del bar, una fitta nebbia era calata sui vicoli del paese, creando un'atmosfera magica. Nel silenzio ovattato sentivano solo i loro passi. Raggiunsero il parcheggio e salirono in macchina. Quando giunsero alle porte di Trapani, il sole stava tramontando, tingendo di rosso le poche nuvole basse nel cielo. La mamma di Anna propose : “Che ne dite di fare una breve deviazione? Potremmo andare alla saline, proprio al tramonto offrono uno spettacolo incantevole di luci e di colori, e poi, se siamo fortunati, potremo vedere da vicino i fenicotteri rosa che al calar del sole fermano il loro volo sulle paludi dello Stagnone. I ragazzi stentavano a credere, la proposta era davvero allettante e mostrarono la loro gioia. Dopo cinque minuti erano li e, come la signora aveva preannunciato ,ai loro occhi si presentava uno spettacolo mozzafiato. Il mare di un azzurro intenso , cumuli di sale perfettamente allineati ,alcuni accuratamente coperti da tegole di cotto, e là in lontananza le isole Egadi. Si avviarono a piedi verso un antico mulino a vento dove un custode del luogo , nonostante l’ora, si offri per far conoscere loro l’antica tecnica della lavorazione del sale ,che si ripete uguale da secoli e secoli, mostrò la funzione dell’ antico mulino ormai in disuso. I ragazzi ringraziarono per la cordialità e capirono che era l’amore per quei luoghi a far si che anche gli altri se ne innamorassero, conoscendoli. All’ uscita si inoltrarono in un sentiero di terra battuta che univa le varie vasche delle saline . Anton e Maria lentamente camminavano fianco a fianco, sapevano che mai avrebbero dimenticato quei momenti. Ma non era ancora finito ,uno stormo di fenicotteri rosa erano li a godere di quegli ultimi raggi di sole. Rimasero ,senza parlare ,incantati da tanta bellezza “ Meraviglioso ,ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso”. Queste furono le parole che vennero in mente ad Anton ricordando il testo di una famosa canzone. Adesso, però, non restava che tornare a casa . La sera, dopo cena, seduti sul letto di Anna, ripensarono a quella fantastica giornata e agli incontri misteriosi. “ Domani andremo a Selinunte”- disse Anna con tono deciso e andarono a letto. Il sonno non tardò ad arrivare e fantastici sogni li portarono lontano. Ai primi albori del giorno, spinti da mille cose da fare, i 4 ragazzi si alzarono quasi contemporaneamente e , dopo un' abbondante colazione, erano pronti per riprendere le loro ricerche. Il papà di Anna si offrì di accompagnarli in quel luogo che voleva rivedere; era da tanto che non ci andava e chissà quante cose erano cambiate dall'ultima volta in cui c'era stato! Raggiunsero Selinunte in meno di un'ora, e, appena giunti , il padre stentò a riconoscere in quel luogo quello che era nei suoi ricordi. Una grande duna separava il parco archeologico dal fitto centro abitato, brutti palazzi, sorti lì abusivamente. Si avviarono all'ingresso del parco, ammirarono gli splendidi templi di quell'antica città greca del VI secolo a.C. Soffiava una brezza leggera e il sole splendeva alto nel cielo terso di un azzurro intenso che solo in quel luogo creava giochi di luce e faceva sembrare i templi come dipinti su una tela. Tra le rovine dei templi i ragazzi saltavano di pietra in pietra. “ Anton, Arthur, guardiamo, tra i rovi potrebbe esserci la pianta che cerchiamo!” li sollecitava Anna. Si diressero verso il tempio di Hera, l'unico ancora in piedi. Ed ecco, un raggio di sole illuminò una moneta che stava li tra i resti di un’antica stele. Arthur rimase abbagliato da quel luccichio, raccolse la moneta, era proprio quella che avevano visto raffigurata sull’erbario “Apium” , quella di cui Anna aveva parlato. Si guardarono attorno e altre monete si illuminavano sotto i raggi del sole. “Guarda ci indicano un percorso, seguiamolo!” disse Anton. Oltrepassarono la duna, camminarono e camminarono e giunsero, infine, alla foce del fiume Belice. E lì….. vicinissima all’ Acqua, videro spuntare timidamente una piccola pianta e si resero conto che era proprio ciò che stavano cercando, l'apium. La raccolsero, la misero delicatamente nel cofanetto, era fatta! Mancava un solo ingrediente e poi Europa sarebbe guarita per sempre. Il sole era alto nel cielo, si sedettero sulla sabbia e Anton cinse le spalle di Anna che arrossì. Ammirarono l'orizzonte, si sentirono felici. La giornata si fece improvvisamente grigia, bisognava tornare nel parco dove il papà di Anna li attendeva per tornare a casa. Era li ,come pensavano, preoccupato poiché non li aveva più visti nel parco e adesso rivedendoli , fu sollevato. Per l’ora di pranzo furono a casa. Dopo pranzo, riposarono un pò. Nel pomeriggio Anna propose di andare al Castello; “ E’ questo l’antico castello dei conti di Modica del 1300 “ - disse ai suoi amici. Entrarono e visitarono gli ampi saloni e, in uno di questi era stato allestito il teatrino dei pupi siciliani, si ricordarono della sera del loro arrivo, quando alcuni spettatori assistevano allo spettacolo proprio li nella piazza antistante, e un anziano del luogo aveva dato loro il benvenuto e dopo era scomparso nel nulla. Tornarono lì e videro un piccola pianta di melograno e tra i suoi rami un biglietto : “ Ragazzi prendetevi cura di me, non fate che io muoia, trovate un luogo dove io possa crescere e dare frutti.“ Ancora loro, ancora un compito da assolvere. Presero la giovane pianta e si guardarono attorno, quanto spazio, proprio li, in quella piazza dove erano arrivati. Alcuni bambini giocavano a rincorrersi, altri con piccole vanghe scavavano nella sabbia residua di un recente cantiere. Anton chiese in prestito quei giocattoli, i bambini li osservarono stupiti ma capirono che qualcosa di importante stava accadendo, diedero i loro piccoli arnesi e osservarono. Arthur e Anton scavarono e diedero una giusta sistemazione alla piantina, che li avrebbe avuto lo spazio giusto per crescere e dare frutti , poi si rivolsero ai bambini che li osservano attenti e dissero: “Vi affidiamo questo albero, prendetevene cura con amore.” Li ringraziarono e andarono via. Maria e Anna si sentirono orgogliose e soddisfatte. Andarono in piazza .Tanti ragazzi affollavano i numerosi bar, un indistinto vocio rendeva difficile comprendere ciò che dicevano ,osservarono quei giovani seduti al bar con le loro bevande,assieme a condividere la loro solitudine ,assieme ma con gli sguardi affondati nei loro Ipod , tablet , o nei semplici telefonini , non vedevano chi gli stava accanto non ascoltavano chi gli parlava , stavano li, c’erano e basta. Anna pensò: “ Il mondo non è in uno schermo, non ci sta. Bisogna andare , conoscere ,vedere e soprattutto Amare. Amare per salvare! ” Quando rientrarono a casa Anna raggiunse i suoi genitori in camera e disse loro : “ Papà, mamma voi mi avete insegnato ad amare la vita, la natura e le culture dei vari paesi. Ancora una volta io devo andare, voi mi capirete. Insieme ai miei amici io devo salvare Europa. Sapete bene che capirò quando sarà il momento di tornare.” Loro l’ascoltarono in silenzio, sapevano che Anna non si fermava, conoscevano la sua voglia di sapere, di indagare. Il giorno successivo di buonora , i ragazzi si fecero accompagnare al porto di Castellammare. Una smagliante barca a vela era li ad attenderli, salutarono .Una luce emanava dai loro volti ,e la loro felicità fu anche la felicità dei genitori . Salparono ,si affidarono ai venti ,si fecero cullare dalle onde ,videro tanti tramonti , tante albe, tanti voli di gabbiani ,salti di delfini, finché un giorno raggiunsero le coste atlantiche della Francia: Herbignac li attendeva.

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